L’eccezione come regola: il paradosso teorico del restauro / The Exception as the Rule: The Paradox of Restoration
Caccia Gherardini, Susanna
Scheda libro

Altre news

L’eccezione come regola: il paradosso teorico del restauro

07/04/2025

Perché bisognerebbe avventurarsi in un mare da quaranta ruggenti come è oggi la teoria del restauro? Tra gli argomenti davvero overwritten come, non senza ironia, scrive Gavin Lavin Lucas già nel 2004, certamente si possono annoverare il patrimonio, la sua tutela e il suo restauro.1 Non si tratta solamente del fatto che il patrimonio sia divenuto una fabbrica (davvero fordista), per usare una felice metafora. Se si guarda oltre quell’autentica biblioteca di Babele, quella forma di bulimia pubblicistica, che oggi prende il nome di patrimonializzazione, ha ragioni ben più profonde. La letteratura si occupa di quasi ogni aspetto del restauro, lavora sperimentalmente, trasferendo conoscenze e competenze di molti settori (dalla chimica alle digital humanities). Il richiamo a una propria identità lo si ritrova soprattutto nella rivendicazione di un progetto del restauro. Ma anche in questo caso, progetto è concetto e pratica che ha una storia ancor più lontana nel tempo, e distinguere il progetto di architettura da quello di restauro risulta arduo. Entrambi condividono alcune figure retoriche (e non solo), la regia e il controllo dell’esito (a volte la responsabilità), la natura dialogica e non prescrittiva del proprio sapere, l’indagine sul campo, il difficile rapporto tra argomentazione e prova. E allo stesso tempo corrono insieme due rischi: l’empirismo ingenuo e il saccheggio di ogni riflessione filosofica, forse o troppo spesso trasformata in credenza. Per provare a ripartire in un contesto così affollato, il riconoscimento che il restauro sia una produzione sociale, che ha con i valori un rapporto dialogico, non normativo, e che la sua scientificità si fondi su una contraddizione, potrebbe essere un primo passo. L’eccessiva frammentazione cui oggi si assiste porta infatti alla moltiplicazione di strumenti teorici come professionali (dalle riviste alle leggi che ne sanciscono valore e unicità) e a un “territorio del restauro” che si è ampliato sino a comprendere quasi ogni oggetto materiale e immateriale. Da qui si è f initi con il perdere una delle caratteristiche che ne segnavano la specificità: la scelta di cosa conservare e/o restaurare. La responsabilità rispetto a una memoria collettiva, che rimane il vero committente di ogni restauro, potrebbe allora riaprire la difficile strada di una riflessione teorica e stimolare il tentativo di riprendere questa stessa riflessione. Anche perché quando il restauro interviene “trasporta il passato nel presente”, aprendo problemi teoretici ed epistemologici sulla memoria collettiva, sull’identità e sulla propria visione della storia, davvero rilevanti.