Libertà e limite: adattamenti e forme di espressione nella letteratura e nella linguistica
Edited by: Cioni, Fernando
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Libertà e limite: adattamenti e forme di espressione nella letteratura e nella linguistica

14/03/2025

Quando si parla di libertà, ha fatto notare Massimo Cacciari, “bisogna immediatamente chiarire di quale libertà si tratta: di quella che cercano i filosofi e, a mio avviso, non possono trovare che come pura idea; o quella verità che libera, che renderà liberi, di cui parlano – e giustamente, perché questo è il loro ambito – i teologi” (2002, 53). Questa libertà si rivela come un “ ‘presupposto’, una ‘energia’, il cui proprio significato consiste nel liberarmi, […], una verità il cui significato consiste nell’essere un’energia liberante, uno spirito liberante” (ibidem). Questa energia e questo spirito trovano nella scrittura, in tutte le sue forme, uno spazio di libertà, sia per l’autore sia per il lettore. La letteratura come palestra di libertà, per citare una recente raccolta di saggi di George Orwell (2013), viene meno, muore, quando viene limitata da guerre, barriere, pandemie, quando il libero pensiero perde la sua stessa ragione di esistere. George Orwell in un saggio del 1940 (“Inside the Whale”), notava amaramente come Quasi certamente stiamo per entrare in un’era di dittature totalitarie – un’era in cui la libertà di pensiero sarà prima un peccato mortale poi un’astrazione priva di senso. L’individuo autonomo sta per essere cancellato dalla faccia della terra. Ma questo significa che la letteratura, nella forma in cui la conosciamo adesso, dovrà subire almeno una morte temporanea. (2013, 120) La libertà si caratterizza sempre in rapporto ai suoi limiti, come suggeriva Dante nel primo canto del Purgatorio (“libertà va cercando, ch’è sì cara / come sa chi per lei vita rifiuta”, I.70-71). Luciano Canfora nota come “Dante perviene a una nozione di libertà che consiste nella consapevolezza del limite o, per dirla con Hegel, nella consapevolezza della necessità” (2023, 15). Lo spazio letterario e quello linguistico rappresentano la dimensione ideale di questa consapevolezza del limite. Il volume raccoglie saggi che, da una prospettiva letteraria, teatrale, linguistica e traduttologica, esplorano il tema della libertà come tema letterario, la narrazione della libertà sociale, politica e di genere; la libertà come stile linguistico ed espressivo, la libertà come mezzo di espressione e di rappresentazioni identitarie nelle minoranze linguistiche; infine la libertà secondo le sue capacità di adattarsi al limite posto dal referente, come nel plagio, nell’intertestualità, nell’intermedialità e nella traduzione. Il teatro della prima età moderna è terreno di sperimentazione e conflitti. Elena Merlino, Chiara Di Dio e Giacomo Ferrari affrontano il tema della libertà e dei suoi limiti rispettivamente nel teatro spagnolo e nel teatro inglese. Merlino studia l’affrancamento dal canone neo-aristotelico come affermazione di libertà nelle strategie drammatiche di Juan de la Cueva. De la Cueva tende a non rispettare le unità di luogo e di tempo e propone una “pluralità spazio-temporale, una moltiplicazione dei luoghi dell’azione e una flessibilità spaziale” (20), che gli permette una maggiore libertà drammaturgica e teatrale. Di Dio e Ferrari affrontano il limite del potere nel dramma elisabettiano. Di Dio legge The Tempest come un dramma sul potere, sul rovesciamento della relazione servo-padrone, evidenziando le interconnessioni fra libertà e limite, analizzando prima la relazione fra Sycorax e Ariel, poi quella di interdipendenza fra Prospero e Ariel. Ferrari, partendo dagli studi di Carl Schmitt, analizza il dramma elisabettiano attraverso la relazione fra libera invenzione poetica e ineludibile realtà storica, e come tale relazione rispecchia il rapporto fra Trauerspiel e Tragik e quello fra artificio dell’ordine politico ed eccezione, limite e fondamento dell’ordine. La letteratura francese della seconda metà dell’Ottocento e dei primi del Novecento è oggetto di studio di tre saggi che spaziano dalla poesia di Pol Kalig e Valerie Larbaud al romanzo di Paul Bourget. Francesco Vignoli discute l’idea di libertà tra imitazione e adattamento in dodici sonetti di Kalig, mettendo in evidenza come non si tratti di una mal riuscita imitazione di Amour jaunes di Tristan Corbière, ma di un tentativo di elogio della sua poetica ed estetica. Letizia Imola affronta il tema della libertà come stile linguistico ed espressivo nella poesia di Valery Larbaud. Attraverso un’analisi del suo verso libero, che abbandona la rima e il verso alessandrino, Imola sottolinea come la dissacrante e raffinata ironia metrica costituisca un tentativo di sovversione e liberazione formale. Adrián Valenzuela Castelletto s’interroga sui limiti del determinismo e della libertà nei romanzi di Paul Bourget che vanno dal 1873 al 1889. Valenzuela Castelletto, partendo dal romanzo psicologico e dal determinismo scientifico, esplora il concetto di libertà nel romanzo di Bourget, sia come libertà universale che come libertà dello scrittore e dell’intellettuale. Fin dalla Rivoluzione francese, la libertà è stata allegorizzata come una donna. Dolf Oehler, in un suo saggio del 1980, suggerisce che se la libertà è una bella donna, allora per noi dovrebbe essere facile amarla (1980, 91). Arianna Amatruda nel suo saggio ripercorre l’allegoria della libertà nelle rivoluzioni francesi, nelle cui rappresentazioni si delineano diverse declinazioni politiche dell’idea di libertà. Amatruda, da una prospettiva imagologica, analizza il sentimento libertario di Heinrich Heine e George Büchner attraverso esempi da passi saggistico-discorsivi sulla libertà, e da immagini, metafore e allegorie di libertà disseminati nelle loro opere. La poesia come affermazione di libertà in Paul Celan è l’oggetto di studio di Liliana Giacoponi. Celan rivendicava il diritto del poeta alla non chiarezza, al verso oscuro che costituisce l’essenza stessa della libertà della poesia. La libertà intesa come libertà personale è al centro della produzione di Johann Peter Hebel. Stefania Mariotti attraverso un’analisi narratologica del racconto Der Staar von Segringen porta in superfice le preoccupazioni dell’essere umano e i suoi possibili spazi di libertà. La libertà come resilienza a un apparato repressivo, come quelle della DDR prima del 1989, è al centro del contributo di Carmen Mitidieri che analizza la dialettica fra libertà e limite in Der Turm di Uwe Tellkamps. Mitidieri sottolinea come il tentativo di preservare un’eredità culturale, attraverso un nuovo modello educativo in opposizione a quello socialista, finisce per riprodurre quell’annientamento dell’individualità che caratterizza il collettivismo socialista.