L’ingratitudine dell’ospite

Fortini e la lirica moderna

13/01/2025

Franco Fortini, come è noto, è stato poeta, traduttore, giornalista, polemista, maître à penser, ma anche romanziere, autore di reportages di viaggio, di racconti e pamphlets, di drammi teatrali e testi per musica, oltre che professore e consulente editoriale, copywriter e sceneggiatore per il cinema. Fortini, cioè, è tra gli ultimi e maggiori esponenti di quella categoria di intellettuali complessivi, a tutto tondo, che padroneggiava una pluralità di generi e stili di scrittura, si esprimeva su un’ampia varietà di argomenti, interveniva nei dibattiti più significativi, cercava di agire sul presente attraverso un esteso ventaglio di media e strumenti comunicativi diversi. Chiunque voglia studiare seriamente le sue opere, non può prescindere dal considerare il corpus nella sua interezza, segnata certo da cesure, evoluzioni, ripensamenti e palinodie, ma unificata da un pensiero forte e da numerosi rimandi interni. Tuttavia, ai fini della ricerca, è senza dubbio legittimo, anzi necessario, circoscrivere un ambito più preciso, delimitato, e indagarne le caratteristiche peculiari senza, per questo, dimenticare il resto della produzione autoriale. Questo libro, allora, si pone l’obiettivo di ripercorrere e interpretare alcuni scritti fortiniani inerenti alla teoria della letteratura, alla critica letteraria e alla francesistica. Infatti, nonostante la grande mole dei suoi saggi, l’intelligenza delle sue analisi e proposte teoriche, l’influenza su esegeti più giovani di primissimo ordine, il Fortini critico letterario non sembra ancora godere della circolazione e della considerazione che probabilmente merita. Certo, non mancano singoli, eccellenti articoli, dovuti a prestigiosi studiosi appartenenti a generazioni differenti, da Luperini e Mengaldo a Borghesi, Carrai, Giovannetti, Lenzini e Santarone, fino a Fenoglio, Scaffai, e altri ancora. Eppure, colpisce constatare che – nonostante questi ultimi anni di (parziale) Fortini-renaissance, in cui numerosi ricercatori si sono concentrati sulla sua attività di traduttore, metricologo, insegnante, e in cui sono stati avviati i cantieri che porteranno all’edizione critica e commentata di tutte le sue raccolte poetiche – a tutt’oggi esiste soltanto una monografia interamente dedicata a questo specifico soggetto, ossia Letteratura e impegno di Jadwiga Miszalska, che – oltre a risalire al 1993 e a risultare quasi irreperibile in Italia – offre una trattazione della materia per forza di cose non esaustiva. Molto, dunque, rimane da fare in questa direzione: con il presente libro non si è voluto che iniziare a colmare tale lacuna. Nel primo capitolo (a cui si associa strettamente il secondo), ho tracciato un breve quadro sistematico, una sinossi riassuntiva volta a individuare gli isomorfismi che accomunano la teoria della letteratura di Fortini, la sua complessa ma frammentaria estetica, le sue letture e le sue ipotesi formulate in qualità di italianista, metricologo, traduttologo (aspetto su cui torna l’ultimo capitolo); questa ricognizione mira a far emergere i tratti fondamentali della sua concezione della poesia e del suo ambivalente rapporto con la lirica moderna, riassumibile nella propensione ad adottare la postura dell’‘ospite ingrato’. Tale trattazione, inevitabilmente sintetica, sarebbe meritevole di ulteriori sviluppi (che mi auguro di compiere in un futuro prossimo), che diano conto in modo più disteso ed esauriente del suo stile argomentativo, della sua impostazione metodologica, delle sue più frequenti strategie ermeneutiche. Nei capitoli successivi ho, poi, scelto di esplorare gli scritti fortiniani che si focalizzano sulla poesia francese tra Ottocento e Novecento per due ragioni principali. In primo luogo, è proprio tra Romanticismo, Simbolismo e Avanguardie che avvengono le trasformazioni decisive di ciò che, nell’epoca contemporanea, viene inteso come letteratura, e proprio su questi cambiamenti verte la riflessione storico-teorica ricostruita e condensata in apertura di volume. Questo libro, dunque, pur rielaborando alcuni miei articoli (per l’occasione corretti, rivisti e integrati), si presenta come una monografia coesa, legata da f ils rouges e motivi ricorrenti, da un respiro profondamente unitario dovuto certo alla genesi comune dei capitoli (risalente alla mia tesi di dottorato), ma soprattutto alla natura stessa del saggismo fortiniano, in cui, «se i pretesti sono numerosi, non più di due o tre sono […] gli argomenti veri», le «maledette questioni» di fondo su cui l’autore insiste ostinatamente a interrogarsi. In secondo luogo, coi capitoli 3-6 ho tentato di illuminare la rilevanza del Fortini francesista e comparatista. Chiunque conosca da vicino la sua produzione è ben consapevole di come il suo sguardo fosse incline al costante confronto tra letterature e arti diverse, spaziando in un’area che non si limitava alla sola Europa (compresa quella dell’Est) o al solo mondo occidente, bensì si estendeva al globo intero (basti qui ricordare i nomi di Lu Hsün e Fanon). Eppure, almeno a livello editoriale, Fortini rimane anzitutto l’autore dei Saggi italiani, dei Poeti del Novecento (italiano) e dei Nuovi saggi italiani.