24/02/2025
Tra i libri e gli articoli che ho scritto nel corso degli anni, Imaginary Cartographies rimane uno dei miei preferiti. È stato certamente il più facile da scrivere. Per quanto riguarda il suo fondamento empirico, il libro si basa sulle ricerche dottorali che avevo condotto negli archivi di Marsiglia tra il 1990 e il 1991. Questa ricerca è la base della mia dissertazione, una storia sociale dal titolo Mapping networks and knowledge in medieval Marseille, 1337-1362: Variations on a theme of mobility (University of Michigan, 1994). In questo lavoro volevo esplorare quella che ai miei occhi appariva come la creatività f lessibile e dinamica delle società e delle famiglie bassomedievali, usando come case study la città di Marsiglia. Nel linguaggio ‘ecologico’ che utilizziamo oggi, la mia tesi esplorava i meccanismi che resero possibile per gli abitanti della città la gestione del rischio e dell’incertezza. Più nello specifico, provai a capire come una società medievale potesse assorbire lo shock di un trauma sociale, in questo caso la Peste Nera del 1348, senza finire nel caos. Gli ultimi anni hanno visto la pubblicazione di vari studi su come le società falliscano, tra cui i famosi Collapse: How Societies Choose to Fail or Succeed di Jared Diamond (2005) e Why Nations Fail: The Origins of Power, Prosperity, and Poverty di Acemoğlu e Robinson (2012).1 Nella mia dissertazione dottorale ero più interessato a capire perché le società non abbiano fallito: il tema era la loro resilienza, non il loro collasso. La mia tesi è un’opera non particolarmente degna di nota né coerente. Mentre mi apprestavo a revisionarla in vista della pubblicazione, ho iniziato a eliminare i capitoli che non ritenevo pertinenti rielaborandoli in articoli autonomi. Il primo capitolo della tesi è stato uno dei primi ad andarsene; è apparso nel 1996 nella rivista Continuity and Change col titolo “Accommodating Plague in Medieval Marseille”.2 Ho profondamente revisionato un altro capitolo, dedicato alla violenza e alla vendetta, facendone due articoli che sono usciti nelle riviste Past and Present e French Historical Studies.3 Il capitolo sulle doti e sulle pratiche successorie femminili è apparso l’anno dopo in Annales: Histoires, Sciences Sociales.4 Altre parti della tesi sono infine apparsi in “La topographie socioprofessionnelle de Marseille au XIVe siècle” e “Faction and Feud in Fourteenth-Century Marseille”.5 Una volta conclusa questa potatura, però, ho dovuto affrontare il problema che ben poco mi era rimasto dell’elaborato originale. Però avevo un’idea di quello che volevo scrivere al suo posto. Nel corso delle mie ricerche dottorali, avevo compilato un database prosopografico contenente i dati di ogni uomo, donna e bambino che avevo reperito nelle fonti archivistiche tra il 1337 e il 1362. Scelsi questo arco cronologico perché ruotava attorno all’anno in cui la peste raggiunse Marsiglia, nel gennaio 1348, e vi inclusi anche il 1361-2, l’anno in cui la peste ritornò. Lessi la maggior parte dei registri relativi a questi venticinque anni conservati negli archivi notarili e giudiziari della città, così come i registri di censi, le delibere consiliari, i cartulari privati e altre fonti. Vi sono state delle eccezioni, tra cui il libro dei conti dell’ospedale di Saint Esprit, che decisi di non utilizzare perché scritto in Occitano orientale, una lingua che al tempo ancora non padroneggiavo. Ma le fonti che ho usato erano sufficienti ai miei scopi. Da questa massa di materiale ho ricavato circa 26.000 nomi, molti dei quali ovviamente si riferivano alle stesse persone. Questo metodo di ricerca piuttosto folle era immaginabile perché appartenevo alla prima generazione di storici a utilizzare i computer portatili negli archivi. Allora non esistevano programmi basati su fogli di calcolo, però i software per l’elaborazione di testi creati negli anni Novanta rendevano possibile utilizzare i file con modalità che anticipavano i fogli di calcolo, a condizione che il ricercatore prestasse attenzione a prendere i suoi appunti in un formato uniforme. Buona parte della mia ricerca dottorale consistette nell’esaminare attentamente questi 26.000 nomi e nel collegare tra loro i dati, dove possibile, identificando infine circa 13.000 singoli individui. Dal momento che tutto questo è descritto in appendice al libro, non mi addentrerò qui in ulteriori dettagli. Una delle cose che non avevo previsto è quanto avrei imparato semplicemente trascorrendo molto tempo a conoscere 13.000 persone di una città medievale. Avevo più riferimenti per circa 5.000 o 6.000 individui e informazioni molto complete per diverse centinaia di loro. Conoscevo gli altri solo grazie a riferimenti casuali in un luogo o due, ma nonostante ciò avevo la sensazione di sapere chi fossero e che tipo di vita avessero vissuto. In questi anni ho lavorato su un periodo della storia di Marsiglia successivo di due generazioni, attorno al 1400, ed è stata una gioia incontrare i figli e i nipoti di persone che a suo tempo ero arrivato a conoscere così bene. In alcuni casi degli individui che avevano avuto un ruolo di primo piano negli anni attorno al 1350 erano ancora vivi decenni dopo. Uno di questi è Johan Casse, un giovane mercante che nel 1356 era stato implicato nel sensazionale omicidio di un nobiluomo di nome Peire de Jerusalem. Johan se la cavò bene nei decenni successivi e morì nel 1391, lasciandosi alle spalle un vasto patrimonio. L’opportunità di conoscere in tal modo le persone mi spinse a vedere il mondo attraverso i loro occhi.