23/12/2024
Biografia familiare ma soprattutto storia di un gruppo aziendale fiorentino, quello dei Botti, che nella prima metà del XVI secolo fu presente nelle più importanti piazze economiche dell’epoca. Firenze, Pisa, Cadice, Siviglia, Venezia, Valladolid, Roma, Anversa, Lione furono i centri in cui, attraverso l’apertura di compagnie o grazie a prolungati soggiorni, i nostri mercanti organizzarono le loro attività commerciali e finanziarie. Molti sono i temi storiografici all’interno dei quali può essere inserito questo studio fondato soprattutto sulle straordinarie fonti documentarie che i Botti ci hanno lasciato. Il primo è quello delle migrazioni nell’Europa medievale e della prima Età Moderna. Il secondo riguarda le ricerche dedicate alle famiglie della Firenze rinascimentale. Il terzo, meno frequentato, concerne il commercio interculturale. Relativamente alla presenza fuori patria degli operatori economici esiste una storiografia sterminata su cui non ci soffermeremo. Ci limitiamo a ricordare che negli ultimi tempi l’argomento è stato affrontato con nuove prospettive relative ai meccanismi dello sviluppo capitalistico. Quanto ai Botti, essi svilupparono i legami più intensi sulle piazze spagnole. È facile affermare che, in quegli anni, la regione andalusa avesse conosciuto una forte crescita della sua capacità attrattiva; realtà di confine tra Mediterraneo e Atlantico vide accorrere uomini di affari stranieri pronti a sfruttare le opportunità commerciali offerte dalla Grande Scoperta. Questo è un argomento di ampio respiro che, recentemente, ha trovato ulteriore visibilità durante cinque convegni realizzati a Siviglia che hanno affrontato con ricche analisi questioni relative alla prima globalizzazione e al ruolo che in essa ebbero il commercio e il giuoco degli scambi tra città e porti. Cadice e Siviglia divennero piazze cosmopolite. Cadice, affacciata sull’Atlantico, vide il suo porto riempirsi di imbarcazioni. Siviglia si trasformò; i suoi quartieri e le strade si affollarono di persone in cerca di affari e di avventure: marinai, vagabondi, artisti ma soprattutto mercanti e banchieri. La città, dunque, si popolò di italiani, fiamminghi, portoghesi, francesi, tedeschi, inglesi, divenendo un centro di interessi internazionali. Molto si è discusso sulla presenza dei fiorentini in Andalusia e sul ruolo che ebbero nei commerci verso Occidente. Alcuni storici hanno sostenuto che la loro azione, all’indomani della scoperta, fosse assai limitata; secondo tali indagini, a partire dal primo quarto del Cinquecento, il numero delle aziende toscane aumentò ma con un ruolo economico di basso profilo sia per quanto riguarda la quantità e il valore dei beni scambiati che sul piano delle capacità innovative. Ormai la storiografica ha dimostrato che l’attività di quei mercanti era particolarmente significativa e tutt’altro che attardata in una mediocre routine (Orlandi 2014; 2013; 2017). I Botti ne sono stati un caso esemplare. La seconda corrente storiografica investe lo studio delle grandi casate mercantili della Firenze rinascimentale. Si tratta di una ricca letteratura che partendo dai pioneristici lavori di Richard Goldthwaite (1968; 1984) e di Paolo Malanima (1977) non ha mai cessato di attirare l’attenzione dei ricercatori i quali, però, si sono spesso limitati ad aspetti particolari del loro operare. Mancano sostanzialmente studi che ricostruiscano la contemporanea azione di compagnie presenti in diversi contesti economici europei del Cinquecento. Infine, il terzo filone è costituito da indagini che tendono a concentrare l’attenzione su come le diaspore commerciali, le lunghe permanenze e l’intensità dei rapporti economici abbiano facilitato l’intersezione tra culture diverse.