01/12/2024
Il Dottorato di ricerca è stato introdotto in Italia con la legge delega del 21 febbraio 1980, n. 28, e ufficializzato dal Decreto Ministeriale del 5 giugno 1982. Questi dispositivi normativi hanno segnato l’inizio di una nuova fase per l’istruzione superiore italiana, introducendo il Dottorato come – diremmo oggi, dopo gli interventi radicali della legge 240 del 2010 – Terzo Livello di formazione universitaria. Il combinato disposto dei due provvedimenti, infatti, quello istitutivo del 1980 e quello attuativo del 1982, ha posto le basi per la creazione di corsi di studio finalizzati all’alta formazione scientifica definendone le modalità operative. Il primo ciclo del 1983 ha rappresentato un importante punto di svolta, come vedremo, per lo sviluppo della ricerca accademica in Italia, allineandosi con le esperienze internazionali, sebbene con un certo ritardo rispetto, ad esempio, ai contesti anglosassoni. Negli anni a seguire, diverse riforme hanno regolato e ridefinito il Dottorato, come il DM 45/2013, che ha introdotto nuovi criteri di accreditamento e standard di qualità per i corsi di Dottorato, e, soprattutto, il recente DM 226/2021, che ha rafforzato il ruolo del Dottorato come strumento per la formazione avanzata e la professionalizzazione, non solo di tipo accademico. Il cammino istitutivo si è, inoltre, inserito e rafforzato nel quadro fondamentale del Processo di Bologna, avviato nel 1999, che ha di molto modificato il volto dell’università italiana, tracciando gli ampi confini di uno Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore, nella condivisione di comuni principi e strategie. Questa fase ha portato a importanti trasformazioni, con effetti significativi su autonomia, qualità dell’istruzione, mobilità di studenti e docenti, e integrazione sociale ed economica. La promozione della libertà accademica, l’interdisciplinarità, l’occupabilità dei laureati e la collaborazione internazionale, elementi centrali di ogni percorso di Alta Formazione, sono divenuti gli assi portanti anche dei percorsi dottorali e del loro accreditamento (Boffo 2022). In modo particolare, negli ultimi lustri degli anni Duemila, il Dottorato di ricerca si è configurato come il terzo livello della formazione, ponte con la carriera accademica nazionale e internazionale, da una parte, luogo di preparazione per i quadri delle strutture produttive e istituzionali del Paese Italia. Tuttavia, rispetto alla trasformazione che ha visto cambiare il volto dell’Università italiana proprio dalla legge di riforma 509/1999, compiuta ancor più con la legge 270/2004, attraverso l’introduzione delle lauree triennali, magistrali e magistrali a ciclo unico, il Dottorato è il livello che maggiormente ha faticato a tradursi in un percorso innovativo di alta formazione. Infatti, l’affrancamento dal modello di cooptazione a quello di selezione è stato ed è, ad oggi, ancora in divenire. L’introduzione di un compiuto sistema di qualità con la legge 226/2021 ha visto un rinnovato sforzo del legislatore proprio per rendere l’istituto del Dottorato di ricerca italiano ancor più maturo e distante da logiche di patrimonialismo e personalismo accademico. Possiamo affermare che l’impegno delle Università sia ingente, laddove però, ancora si fatica a trovare il corretto percorso. In modo specifico, in prima istanza si sottolinea la centralità dell’offerta formativa che deve essere sviluppata annualmente attraverso percorsi ostesi sui siti dei dottorati; in seconda istanza si richiede l’internazionalizzazione dei percorsi dottorali da tre a sei a dodici mesi nell’arco dei tre anni dottorali; in terza istanza si richiede il raggiungimento di competenze trasversali che potranno informare il futuro dottore di ricerca relativamente alla transizione al lavoro. Proprio questo passaggio, dalla formazione al lavoro risulta essere considerato come un momento da preparare, è stato infranto il tabù che vedeva una unica possibilità di professionalizzazione dei dottori di ricerca verso la carriera universitaria.