03/04/2023
Il volume presenta la politica agricola comune europea ripercorrendone le tappe cruciali dal suo concepimento fino ai giorni nostri. L’intento è quello di ricostruire i processi negoziali che, nel corso degli anni, si sono svolti a livello politico e istituzionale. Al tempo stesso, si raccolgono i risultati delle analisi degli studiosi di politica agraria intese sia a proporre soluzioni che a valutare le politiche adottate e i risultati da esse prodotti. Con un duplice obiettivo: comprendere come molti problemi di oggi abbiano radici, le cui ramificazioni si estendono indietro nel tempo e trarre, dalla lezione della storia, utili spunti per dotare l’Unione europea di una politica agricola e di sviluppo rurale ambiziosa e adeguata alle sfide che la attendono.
Negli anni del Trattato di Roma (1957), un’agricoltura ancora arretrata coinvolgeva nella produzione una grande quota di popolazione, prevalentemente povera. Al tempo stesso, uscendo dalla guerra, la sicurezza alimentare in termini quantitativi (sfamare i cittadini della Comunità europea e assicurare una produzione interna adeguata a far fronte alla crescente domanda) era obiettivo sociale e politico prioritario. Oggi, il peso occupazionale agricolo si è ridotto a qualche punto decimale. Ancora di meno il settore pesa dal punto di vista strettamente economico. Ma il ruolo del primario è rimasto fondamentale per le sue decisive interrelazioni con variabili condizionanti la qualità dello sviluppo e il benessere economico e sociale: alimentazione, salute, ambiente, paesaggio, biodiversità, equilibrio idro-geologico, clima, territorio, patrimonio storico-culturale. La stessa Unione europea, d’altra parte, si è decisamente trasformata. Dagli originali sei Stati membri (SM) della Comunità europea si è passati a ventotto e più di recente a ventisette, dopo la Brexit. Allo stesso tempo, l’Unione si è data nuovi obiettivi. Da quelli dell’apertura del mercato interno e della sua protezione verso l’esterno, si è passati a quelli dello sviluppo sostenibile in un sistema globale in profonda evoluzione. La necessità di adeguarsi ai tempi è all’origine delle successive riforme della PAC e dell’integrazione del suo tradizionale ruolo settoriale con quello territoriale dello sviluppo rurale, parallelo alla politica regionale e di coesione europea. Al tempo stesso, alla PAC sono state assegnate finalità agro-ambientali.
Più di recente, infine, si è fatta strada la proposta di inquadrare la PAC in una strategia di respiro ancora più ampio: quella del “Green deal” e, in relazione ad essa, quella della strategia “Farm to Fork” e della “Strategia europea per la biodiversità”. Nella stessa direzione muove il programma “Next Generation EU”. È una sfida che implica nuovi consistenti cambiamenti negli obiettivi e negli strumenti della politica agricola. Così come una ridistribuzione delle competenze e dei ruoli tra Unione europea, SM e istituzioni regionali e locali. La forza opposta, quella della conservazione, ha operato fin dai primi momenti di esistenza della PAC. La soluzione adottata all’atto della sua istituzione, centrata sulla protezione del mercato interno e sul sostegno dei prezzi, trae origine dai condizionamenti delle precedenti politiche protezionistiche nazionali. Poi la forza della conservazione si è consolidata sulle posizioni e sui vantaggi, che si sono via via sedimentati nel corso della lunghissima storia della PAC. Si è generata così una resistenza al cambiamento a volte imbattibile. Non è agevole discernere nelle successive riforme della PAC quanto potente sia stato il ruolo di questa forza. Perché essa generalmente non avanza soluzioni alternative alle ricorrenti proposte di riforma. Ma agisce condividendo inizialmente le opzioni riformatrici, salvo operare per inserire nell’agenda obiettivi meno ambiziosi. Successivamente, si batte per misure meno focalizzate, meno commisurate ai risultati da raggiungere e più conformi alla situazione preesistente.