Paul M. Sweezy (1910-2004) è stato un intellettuale statunitense, studioso di Marx e del capitalismo, conosciuto in tutto il mondo. Un maestro per intere generazioni di studiosi rifacentisi a Marx e un interlocutore necessario per l’insieme della sinistra e del pensiero critico, anche non marxista.
Il testo intende presentarlo nelle diverse fasi della sua vita intellettuale.
Il giovane Sweezy, new dealer e marxista in fieri, è quello che presenta, in contemporanea con il lavoro di R. L. Hall e C. J. Hitch, una spiegazione della dinamica della domanda e del prezzo in condizioni di oligopolio (una spiegazione che è ancora nei manuali accademici). Il lavoro più importante di questa fase, pubblicato nel 1942, è La teoria dello sviluppo capitalistico. In quest’opera, attraverso una particolare interpretazione di Marx e un approccio all’economia che si è già confrontato con il pensiero di Schumpeter e di Keynes, presenta una sua teoria della crisi capitalistica. Inoltre, riprende la distinzione (di F. Petry) fra aspetto qualitativo e quantitativo della teoria del valore; apre nuovamente il dibattito sulla trasformazione dei valori in prezzi in Marx (di cui presenta una ipotesi di soluzione, appoggiandosi a Bortkiewicz); discute e contesta la caduta tendenziale del saggio del profitto; espone criticamente e fa conoscere globalmente la controversia sulle crisi e sul crollo del capitalismo, svoltasi fra la fine dell’Ottocento e la prima guerra mondiale, nell’area mitteleuropea; inizia una riflessione importante sul ruolo del monopolio nell’economia capitalistica.
Si analizza, quindi, il Sweezy della maturità, quello che, nel 1949, fonda Monthly Review, che, all’inizio degli anni cinquanta, si confronta criticamente con Dobb e con l’area degli storici marxisti, sulla transizione dal feudalesimo al capitalismo; e, soprattutto, che, insieme a Paul Baran e considerando basilare l’elaborazione di Kalecki e di Steindl, scrive Monopoly Capital, una lettura nuova e critica (neo-marxiana) dell’affluent society, nella sua fase di ascesa e nei suoi punti di crisi. Al centro è la produzione dello spreco come necessità sistemica del capitalismo monopolistico. L’opera – un best seller, a livello globale – apre un’intensa discussione, teorica e politica, su scala globale. In opposizione al marxismo ufficiale, Sweezy si presenta così come un punto di riferimento importante per tutto il marxismo innovativo e per il movimento del Sessantotto. La tendenza alla stagnazione, per Sweezy, è inscritta nel meccanismo proprio al capitalismo monopolistico e può essere contrastata, relativamente, con la forzatura della domanda, in specie spesa statuale, soprattutto militare. Senza epoch-making innovation e guerre, il sistema, fondamentalmente, ristagna. È, qui, presente anche il nodo sviluppo-sottosviluppo, in un sistema irrazionale su scala globale.
Nel testo si approfondiscono anche punti di contrasto rimasti ancora aperti fra i due autori, al momento dell’improvvisa morte di Baran. Con la fine della golden age e con la crisi della stag-flation (una nuova fase depressiva, pur particolare, dopo quella degli anni trenta), Sweezy (insieme a Magdoff) sposta in avanti la riflessione: guarda, in specie, al montare dell’indebitamento, pubblico e privato, come necessità, dal lato della domanda, per sostenere il consumo al momento in cui l’investimento incontra problemi ad essere attivato intensamente. Indagando su quel che avviene nel sotto-sistema bancario-finanziario e in dialogo a distanza con Minsky. Sweezy analizza i cambiamenti intervenuti nel rapporto fra produzione (stagnante) e finanza, il rendersi autonoma di questa e il suo divenire centro di gravità del sistema, con i forti mutamenti che intervengono nel paradigma dell’impresa e nell’agire, speculativo, di tutti i soggetti economici. Egli legge nel dilagare della finanza, nel gioco d’azzardo che pervade l’economia, nel suo complesso (la casino society) instabilità crescente e chiara insostenibilità sistemica. L’apporto dell’ultimo Sweezy può essere considerato una base importante per comprendere, insieme al crollo di Wall Street del 2007-2008, lo stato critico che permane nel capitalismo globale.