L’idea di restituire al nostro tempo l’evidenza materiale di un manufatto medievale, conosciuto solo attraverso i documenti e rare testimonianze frammentarie, può sicuramente apparire un pensiero al limite della razionalità, più consono al mondo delle idee che a quello delle cose. Tuttavia, quando le idee trovano dei ganci saldi, la visione si trasforma in pensiero, il pensiero in progetto e il progetto in cose. Questo è accaduto nel 2012 quando decidemmo di aggiornare i contenuti e l’allestimento dell’area Prato città Tessile del Museo del Tessuto, una sezione che racconta per isole tematiche e attraverso strumenti e oggetti del processo artigianale e meccanico, il percorso produttivo dell’industria tessile del territorio dal Medioevo alla metà del Novecento. In quell’occasione ci sembrò opportuno approfondire alcuni contenuti storici che permettevano di seguire le origini dell’identità tessile della città e spiegare la genesi di un prodotto in cui per secoli la produzione si è riconosciuta, cioè il panno. Uno dei capitoli più documentati da indagare, se non il principale per ricchezza e quantità di documentazione, è stato quello intorno alle ragioni territoriali di questa industria favorita dalle acque del fiume Bisenzio e da un’articolata rete di canali che, nel Medioevo, ha alimentato opifici dedicati alla produzione tessile intra ed extra moenia. Un’economia, quella tessile, fondata su competenze specializzate in ogni singola fase del processo e, proprio per questo, in grado di coinvolgere un grande numero di addetti.
L’argomento interessava molteplici aspetti e competenze per i quali occorreva l’apporto scientifico di Enti e studiosi in grado, ciascuno per la propria parte, di delineare l’orizzonte storico, economico, tecnico e creativo di un progetto sperimentale incentrato sulla ricostruzione di un tessuto antico. Tra le Istituzioni che per prime hanno aderito con entusiasmo al progetto è stata la Fondazione Istituto Internazionale di Storia Economica “F. Datini” ente cittadino che, dalla data della sua costituzione ha contribuito a promuovere un’intensa attività scientifica nell’ambito della storia economica dell’età preindustriale (XIII-XVIII secolo) e a favorire il confronto metodologico tra studiosi di livello internazionale. Altro prestigioso ente coinvolto nel progetto è stato l’Archivio di Stato di Prato, che, non solo ha consentito l’accesso alla consultazione dei documenti richiesti ma ha permesso di effettuare le analisi scientifiche dei campioni tessili allegati alle lettere del carteggio datiniano. Congiunta alla collaborazione con l’Archivio di Stato di Prato è stata quella dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze che da oltre venti anni collabora con il Museo del Tessuto per il settore di conservazione e restauro delle collezioni tessili.
Le ricerche condotte sui campioni tessili allegati alle lettere del Fondo Datini con diverse tipologie di strumentazione hanno consentito per la prima volta di conoscere aspetti finora dedotti dagli studi storici e da valutazioni possibili solo attraverso l’osservazione diretta: la tipologia e grandezza delle fibre, la struttura tessile e le sostanze tintorie impiegati nel processo manifatturiero.
L’Associazione Ex Allievi dell’Istituto Tecnico Industriale Tullio Buzzi ha messo a disposizione i migliori tecnici di diversi settori della produzione tessile per organizzare un comitato operativo in grado di interpretare i dati presenti nel documento storico ed elaborare una scheda di produzione. Le lunghe e frequenti sessioni hanno consentito di incrociare le evidenze storiche del processo antico con le lavorazioni contemporanee facendo emergere le opportunità e le criticità in fase di progettazione e di sperimentazione: dai calcoli per ricavare i dati non presenti nel documento al reperimento della materia prima, dalla ricerca dei macchinari più idonei per la produzione alla gestione puntuale di tutte le fasi di lavorazione. Un lungo e articolato lavoro che ha richiesto il confronto reciproco e l’attenzione costante al dato storico e tecnico evidenziati dalle fonti.